“Intrappolata nella tela”

Un caso di aracnofobia

Monica ha lavorato con me (quando ancora ero psicoterapeuta) per diverso tempo, e la tematica per cui è arrivata l’ha portata a numerose consapevolezze e a un cambiamento sostanziale della sua vita e del suo modo di affrontarla.

Proprio sull’onda delle nuove pieghe che ha preso la sua esistenza, a un certo punto si è decisa ad affrontare un’avventura che rappresentava per lei il sogno di una vita: addentrarsi nella foresta amazzonica con un gruppo di viaggiatori. Aveva sempre rimandato la realizzazione di questo sogno per quello che viveva come un vero e proprio handicap: un terrore incontenibile per i ragni. Al solo pensiero provava un disgusto e una paura tali da iniziare a sudare e sentirsi svenire. Di fatto, quando ne vedeva uno, spesso perdeva i sensi.

Monica sapeva che, tra gli strumenti di lavoro che utilizzavo, rientrava anche l’EMDR (Eye Movement and Desensitization Reprocessing), e mi chiese di lavorare con questa tecnica sulla sua fobia.

Monica accettò di lavorare sull’episodio più antico che ricordava in proposito: quando, a soli 8 anni, in campeggio coi genitori, ebbe la disavventura di posare lo sguardo su un ragno grande quanto una pallina da ping pong, peloso, al centro di una ragnatela. In quell’occasione Monica svenne e da quel momento rifiutò di rimanere oltre in campeggio, provocando grande scompiglio in famiglia.

Durante il lavoro, mentre Monica manteneva il focus sull’immagine di quel ragno, che ricordava come se lo avesse visto ieri, faticava a non sentirsi male.  

Le tornavano alla mente le sensazioni che aveva provato in quel momento, il senso di mancamento, la voce e poi il viso dei genitori al suo risveglio…sua madre…improvvisamente ebbe un sussulto.

Monica è un’appassionata d’arte e le venne in mente l’opera di Louise Bourgeois, un’enorme scultura rappresentante proprio un ragno, intitolata “maman” (mamma, in francese). D’un tratto qualcosa scattò dentro di lei, trasalì. Appena riuscì a trovare le parole mi riferì di aver colto, per la prima volta, un’associazione tra la sua paura per i ragni e la sensazione di essere in trappola che lei provava con la madre, donna estremamente forte, severa ed esigente nei suoi confronti. Le tornò alla mente quando, alle elementari, tornando a casa con una nota della maestra – per essere stata troppo chiacchierona a lezione – al pensiero di dover confessare la cosa alla madre le prese un terrore tale da farle venire un mal di pancia che la costrinse due giorni a letto, in preda a terribili crampi.

Monica rimase sconcertata nel constatare che, da qualche parte nella sua mente, il suo vissuto di essere costantemente sotto minaccia, tra le “grinfie” intransigenti e spaventose della madre (che aveva scoppi di ira terribili) si era sovrapposto all’immagine delle zampe di un ragno, all’idea di essere intrappolata in una tela mortale, di non poter avere scampo e di poter essere avvinghiata e avvelenata da una creatura (la parte persecutoria della madre) che sbuca silenziosa da qualche angolo, quando meno te lo aspetti.

Monica era sconcertata, mai avrebbe pensato ad una cosa simile. Improvvisamente l’idea dei ragni non la ripugnava più…scoppiò in un pianto liberatorio, che la scosse per diversi minuti. Poi, dai singhiozzi, una risata:

“Certo che se avessi realizzato questa cosa prima, quel ragno lo avrei schiacciato!”.

Al di là della battuta, Monica ora poteva rispondere con le risorse che sapeva di avere a quell’antico senso di sopraffazione e di morte. Per lei sarebbe stato più facile addentrarsi nel mezzo della foresta…