Un lavoro sulle nostre risorse interiori
Mila piange, di fronte a me, quasi sopraffatta. Non le rimangono che le sue lacrime e non riesce a vedere una luce, una possibile fine alla sua sofferenza. La conosce bene, è da tanto che la sente, dentro di sé. Così tanto che quasi non ricorda come sia sentirsi in pace.
Ha sempre lottato molto nella vita e ora, le pare, se ne stanno andando le forze.
“Qual è la sensazione, che riesci a immaginare, opposta a quella che stai provando ora?” Le chiedo.
“Di leggerezza, di sollievo…vorrei tanto non sentire più niente…spegnermi. Mi sembra che non ci sia soluzione…”.
Prima che riparta a verbalizzare quanto sta male e le ragioni della sua disperazione, la interrompo dolcemente: “Mila, capisco che vorresti solo far finire tutto questo. Ma non possiamo cancellare nulla. Possiamo solo cercare di trasformare le cose. E quando non possiamo cambiare quello che la vita ci porta, possiamo cercare di cambiare noi stessi. Partiamo da qui: mi descrivi meglio la leggerezza di cui mi parlavi? Vorrei che immaginassi una situazione che rappresenti questa leggerezza”.
Dopo un lungo sospiro: “beh…come quando da bambina andavo sull’altalena, spensierata, gioiosa…una volta con un’amica abbiamo passato quasi tutto un pomeriggio a spingerci, a turno, sull’altalena nel giardino di nonna…un giardino pieno di fiori”. Le compare un sorriso sulle labbra, le spalle si decontraggono, il respiro di regolarizza.
“Bene, Mila, vorrei che ora tu mi descrivessi nei dettagli quell’esperienza: i colori, i suoni, le sensazioni sulla pelle che hai provato, il movimento…”.
Mila comincia la descrizione e man mano che si immedesima in quella scena vedo il viso e il suo fisico cambiare, rilassarsi. Al termine della sua esplorazione le chiedo di notare come stia ora il suo corpo.
Mila si commuove: si rende conto che sta sorridendo e che sente un’espansione nel suo petto, all’altezza del cuore. Erano anni che non si sentiva così. Pensava di non riuscire più a provare certe cose.
Le spiego che questa è una importantissima risorsa che ha il nostro sistema: potersi autoregolare e riacquistare uno stato di maggiore quiete e benessere, a seguito di una forte attivazione nervosa.
Si chiama, con un termine tecnico (derivato dall’approccio di Somatic Experiencing) “pendolazione”: oscillare da momenti di forte sollecitazione a momenti di recupero.
Imparare a farlo intenzionalmente ci rende più forti, aumenta la nostra “resilienza”, ovvero la capacità di far fronte e superare le difficoltà, le perturbazioni, gli ostacoli a cui siamo sottoposti.
In natura possiamo osservare meravigliosi esempi di resilienza, le dico: uno di essi, a noi familiare, è la macchia mediterranea. Forte, resistente, ricompare sempre anche dopo eventi avversi. Una delle piante della macchia mediterranea è la ginestra: ha radici profonde, è flessibile ma robusta, cresce anche su terreni difficili, e per di più fa fiori gialli profumatissimi, intensi come la sua forza vitale. “Ecco, Mila, dobbiamo imparare insieme a stare come le ginestre: vigorose ma adattabili, in pieno sole, senza rinunciare al nostro splendore…”.